La Procura di Roma ha richiesto il processo per Domenico Arcuri, ex commissario all’emergenza Covid, e altre 15 persone e società per l’acquisto di 800 milioni di mascherine non conformi e pericolose per la salute durante la prima ondata di contagi da Covid-19. La fornitura è stata pagata con fondi speciali della presidenza del Consiglio per 1,25 miliardi di euro prima delle verifiche di conformità previste dalla legge. Le accuse sono di abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture e falso in atto pubblico.
Lo riporta il Messaggero, precisando che la procura ha chiesto il processo oltre che per l’ex commissario all’emergenza Covid, anche per quattro società e altre undici persone, tra le quali Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento, che, oltre a rispondere di abuso d’ufficio, come Arcuri, dovrà difendersi anche dall’accusa di frode in pubbliche forniture e falso in atto pubblico, per avere indotto «il Comitato tecnico scientifico ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme».
Secondo le indagini del nucleo di polizia valutaria della Finanza l’acquisto degli oltre 800 milioni di mascherine, durante la prima ondata di contagi (maggio-luglio 2020), è avvenuto con cospicui anticipi, prima delle verifiche di conformità previste dalla legge. Una fornitura pagata un miliardo e 251 milioni di euro con i fondi speciali della presidenza del Consiglio, preceduta da una trattativa nella quale i mediatori italiani, che hanno incassato provvigioni milionarie dalle società di Hong Kong, non sono stati menzionati, anche se la legge prevedeva una rendicontazione.
Secondo la ricostruzione del nucleo di polizia valutaria della Finanza, Arcuri e Fabbrocini avrebbero «omesso intenzionalmente di formalizzare e palesare il rapporto di mediazione che la struttura commissariale costituiva e intratteneva con Tommasi» che, in questo modo non avrebbe avuto responsabilità sull’enorme quantitativo di mascherine risultate pericolose perché di fatto non proteggevano dal virus.