“I soldati ebrei di Hitler. La storia mai raccontata delle leggi razziali naziste e degli uomini di origine ebraica nell’esercito tedesco” è un saggio del 2002 scritto dallo storico statunitense Bryan Mark Rigg, laureato alla Yale University.
L’opera esplora il paradosso dei militari tedeschi di discendenza ebraica che combatterono per la Wehrmacht nonostante le persecuzioni naziste, rivelando un capitolo poco noto della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 2003, il quotidiano tedesco “Die Welt” lo ha definito uno degli studi più significativi sull’Olocausto pubblicati negli ultimi anni, sottolineandone il rigore documentario e l’importanza storica.
Le ricerche di Bryan Mark Rigg sul ruolo dei Mischlinge (persone di “sangue misto” ebraico) nella Germania nazista nacquero durante il suo dottorato all’Università di Cambridge, sotto la supervisione del noto storico Jonathan Steinberg.
Grazie a un meticoloso lavoro d’archivio e a interviste con veterani e famiglie, Rigg scoprì che circa 150.000 soldati e ufficiali con ascendenza ebraica prestarono servizio nelle forze armate tedesche durante il Terzo Reich. Questi militari, operarono non solo nella Wehrmacht, ma anche in reparti d’élite come le Waffen-SS e nei servizi segreti dell’Abwehr.
Nel suo libro, Rigg ricostruisce le vicende di un vasto campione che comprende figure molto diverse per status, grado di assimilazione e ruolo. In alcuni casi si trattò persino di personalità di alto rango nell’apparato militare tedesco, come il feldmaresciallo Erhard Milch, il General der Flieger Helmut Wilberg e il viceammiraglio Bernhard Rogge. Il trattamento privilegiato riservato a questi e altri ufficiali può essere spiegato con la volontà dello Stato nazista, ormai in procinto di scatenare una nuova guerra, di non privarsi di un nucleo di militari esperti, considerati sia politicamente fedeli che professionalmente capaci.
Gli storici dell’Olocausto Christopher Browning (membro dell’American Academy of Arts and Sciences) e Michael Berenbaum (collaboratore dello United States Holocaust Memorial Museum tra il 1988 e il 1997) hanno osservato come il libro di Rigg getti luce sull’attuazione, improntata a un approccio più flessibile e meno influenzato da fattori puramente ideologici rispetto a quanto ritenuto in precedenza, delle politiche anti-ebraiche da parte della Germania nazista.
https://it.wikipedia.org/wiki/I_soldati_ebrei_di_Hitler
Quella degli ebrei nazisti è una storia poco conosciuta, ma oltre 150.000 uomini di origine ebraica prestarono servizio militare nella Wehrmacht, cioè nell’esercito nazista in Germania, durante il regime di Hitler. Addirittura molti di questi ebrei furono ufficiali e si macchiarono di crimini contro gli stessi ebrei nei campi di concentramento.

Definizione di ebreo
Il termine “ebreo” (in ebraico Yehudì, da cui deriva anche “giudeo”) trae origine dalla tribù di Giuda (Yehudà), uno dei dodici figli di Giacobbe (chiamato anche Israele). Storicamente, gli ebrei discendono da antiche tribù nomadi di origine aramaica che, guidate dal patriarca Abramo, migrarono dalla Mesopotamia verso la terra di Canaan intorno al 1850 a.C. Nelle Scritture, essi sono indicati come Ivrim (“Ebrei”), termine legato alla radice ever (“oltre”), in riferimento al loro attraversamento del fiume Eufrate.
Nelle epoche bibliche, l’identità ebraica era generalmente trasmessa per via paterna, come si evince da diversi passi della Torah (ad esempio, i figli di Giacobbe erano considerati ebrei nonostante alcune madri fossero straniere). Con lo sviluppo della tradizione orale e delle decisioni rabbiniche, la trasmissione dell’ebraicità è passata a essere materna. Questo principio è stabilito nel Talmud (Kiddushin 68b) e si basa su interpretazioni di passi come Deuteronomio 7:3-4 ed Esdra 10:2-3, dove si enfatizza l’importanza della madre nella trasmissione dell’identità religiosa.
Secondo la Halakhà oggi:
- Ebreo per nascita:
- Una persona è ebrea solo se nata da madre ebrea (indipendentemente dal padre).
- Se solo il padre è ebreo, il figlio non è considerato ebreo secondo la legge tradizionale.
- Ebreo per conversione:
- Una persona può diventare ebrea attraverso un processo di conversione (Ghiur) sotto la guida di un tribunale rabbinico (Beth Din), che include:
- Accettazione dei comandamenti (Kabbalat Ol Mitzvot).
- Circoncisione (per gli uomini).
- Immersione in un bagno rituale (Mikveh).
- Una persona può diventare ebrea attraverso un processo di conversione (Ghiur) sotto la guida di un tribunale rabbinico (Beth Din), che include:
Eccezioni e controversie
- Ebraismo riformato e conservatore: Alcuni movimenti ebraici (soprattutto in USA) accettano la trasmissione paterna se il bambino viene cresciuto come ebreo.
- Casi speciali: In situazioni di dubbio (es. figli di madri convertite in modo non ortodosso), i rabbini possono richiedere una conversione aggiuntiva.
Ebrei occidentali e orientali
Prima dell’ascesa del nazismo, molti ebrei tedeschi guardavano con disprezzo agli Ostjuden, gli ebrei orientali. Li consideravano poveri, culturalmente arretrati e persino poco igienici, convinti che la loro presenza danneggiasse la reputazione degli Jeckes—gli ebrei tedeschi, colti e perfettamente integrati. Agli occhi della comunità ebraico-tedesca, questi “ebrei del ghetto”, provenienti soprattutto dalla Polonia e da altre regioni dell’Est, rappresentavano un retaggio imbarazzante: seguivano una religiosità vista come irrazionale, superstiziosa e legata al misticismo chassidico.
La situazione in Austria non era diversa da quella tedesca e infatti molti ebrei mostravano disprezzo nei confronti delle “persone con la barba che indossavano il caffettano”.
L’idea comune tra gli ebrei tedeschi e i Mishlinge (“mezzi ebrei” o “ebrei per un quarto”) era che Hitler basasse le sue invettive antisemite esclusivamente sugli Ostjuden emigrati dalla terra del bolscevismo.
Per esempio il dottor Max Naumann, ebreo e maggiore dell’esercito in congedo, reduce della prima guerra mondiale, scrisse una lettera a Hitler il 20 marzo 1935, affermando che lui e i suoi seguaci avevano combattuto per tenere gli Ostjuden al di fuori della Germania. Neumann voleva che Hitler cacciasse con la violenza gli Ostjuden.
Molti ebrei vedevano gli Ostjuden come un serio pericolo per la propria condizione sociale e consideravano la loro eventuale permanenza in Germania come la causa dell’intensificarsi del sentimento antisemita. Gli stessi ebrei liberali definirono gli Ostjuden “inferiori”.
Le Leggi di Norimberga
Con il termine Mischling (“meticcio”, “ibrido”), il regime nazista classificava le persone di sangue misto ebraico.
Con le Leggi di Norimberga del 1935, Hitler stabilì ufficialmente che chiunque fosse “ebreo per più del 50%” doveva essere considerato ebreo a tutti gli effetti. Tuttavia, contrariamente alla tradizione ebraica (che riconosce l’appartenenza religiosa per via materna), il nazismo introdusse un criterio razziale simmetrico: un padre ebreo trasmetteva l'”ebraicità” al pari di una madre ebrea.
I mezzi ebrei (Mischling ebrei di primo grado). Un “mezzo ebreo” aveva due nonni ebrei
Gli ebrei per un quarto (Mischling ebrei di secondo grado). L'”ebreo per un quarto” ne aveva solo uno
Mentre chiunque avesse meno del 25 per cento di “sangue” ebreo sarebbe stato considerato tedesco!
Nonostante tali definizioni i nazisti avevano le idee molto confuse riguardo i Mischlinge, poiché questi erano sia tedeschi, sia ebrei. Per i nazisti gli ebrei che si erano convertiti al cristianesimo rimanevano ebrei, ma la maggior parte dei cristiani che si era convertita al giudaismo era considerata ebrea al 100 per cento.
La presa di coscienza dei Mischlinge
Con l’entrata in vigore delle Leggi di Norimberga, le autorità naziste intensificarono le ricerche per individuare e perseguitare gli ebrei, compresi i Mischlinge (i “mezzi ebrei”). Per molti di loro, questa persecuzione rappresentò un drammatico risveglio: furono costretti a confrontarsi con origini ebraiche che, in alcuni casi, ignoravano del tutto.
La scoperta delle proprie radici provocò reazioni contrastanti. Alcuni, sconvolti, rifiutarono con veemenza la nuova identità imposta dal regime. Altri, provenienti da famiglie che avevano vissuto per generazioni come tedeschi a tutti gli effetti, reagirono con incredulità, rabbia e disperazione di fronte a una verità che stravolgeva la loro vita.
Nonostante il regime li considerasse “non puri” e li escludesse dalla comunità nazionale, la maggior parte dei Mischlinge continuava a identificarsi come tedeschi, legati alla propria patria da cultura, lingua e tradizione. Questo conflitto tra identità imposta e identità percepita rese la loro condizione ancora più tragica.
La frattura delle famiglie: rinnegare per sopravvivere
Di fronte alla minaccia delle leggi razziali, molti Mischlinge e i loro parenti “ariani” cercarono disperatamente di modificare la propria classificazione, sperando di sfuggire alla persecuzione. Alcuni arrivarono a rinnegare pubblicamente i propri legami familiari ebrei, pur di garantire un futuro ai figli.
Madri e padri “ariani”, sopraffatti dalla paura, abbandonarono i coniugi ebrei o mestizi, temendo ripercussioni sociali e professionali. Ancora più tragico fu il comportamento di alcuni genitori che ripudiarono i propri figli “mezzi ebrei”, considerandoli un pericolo o una vergogna.
Sorprendentemente, persino alcuni nonni ebrei, forse per disperazione o senso di colpa, rifiutarono i nipoti Mischlinge, come se il loro sangue “misto” li rendesse complici involontari dell’oppressore. La persecuzione nazista non distrusse solo vite, ma anche legami d’amore e identità, lasciando cicatrici che avrebbero segnato intere generazioni.
Il paradosso delle Leggi di Norimberga: quando l’odio nazista si incontrava con il fondamentalismo ebraico
In un tragico paradosso storico, alcuni ebrei ortodossi videro nelle Leggi di Norimberga del 1935 un’amarissima “vittoria”. Questi estremisti religiosi approvarono infatti il divieto di matrimoni misti, che corrispondeva al loro rigido separatismo etnico-religioso. Per loro, i Mischlinge rappresentavano la violazione del patto sacro che proibiva l’unione con i goym – termine che alcuni gruppi ortodossi usavano in senso dispregiativo, assimilando i non ebrei a “subumani” o “animali”.
I Mischlinge si trovarono così schiacciati tra due forme di disprezzo:
- Da un lato, la propaganda nazista li dipingeva come “abomini razziali”, frutto di “perversione sessuale ariano-giudaica”
- Dall’altro, gli ebrei più intransigenti li consideravano prodotti di una tradizione infranta, figli di un genitore “traditore” della comunità
Questa doppia emarginazione creò in molti Mischlinge un’identità lacerata:
• Rifiutati dalla società tedesca dominante
• Guardati con sospetto o disprezzo dalla comunità ebraica
• Senza un vero posto in nessuno dei due mondi che costituivano la loro eredità
La situazione era particolarmente paradossale perché, mentre i nazisti demonizzavano ogni goccia di sangue ebraico, alcuni estremisti ebraici finivano per concordare (pur con motivazioni opposte) sull'”impurità” dei matrimoni misti – anche se ovviamente non condividevano la soluzione finale nazista.
Molti Mischlinge, soprattutto a causa del clima oppressivo dell’epoca, cercarono in ogni modo di essere riconosciuti come ariani ed accettati dalla società nazista. Per un certo periodo, la Wehrmacht offrì a numerosi Mischlinge, e persino ad alcuni ebrei, l’opportunità di dimostrare il proprio patriottismo, garantendo loro una relativa protezione dalle persecuzioni. Per questo, molti accettarono senza esitazione il servizio militare. Tuttavia, il conflitto interiore era forte: se da un lato trovavano nell’esercito una forma di sicurezza, dall’altro si sentivano in colpa per aver, in qualche modo, tradito le proprie origini e la famiglia ebraica.
Proprio per questo, dopo la guerra, alleati ed ebrei stessi faticarono a comprendere il concetto di Mischling – e ancor più l’idea che alcuni ebrei tedeschi avessero servito nella Wehrmacht.
Non pochi Mischlinge ed ex militari di origini ebraiche, una volta terminato il conflitto, emigrarono in Israele, dove presero parte alla guerra d’indipendenza (1948-49) e ai successivi conflitti, contribuendo alla difesa del nuovo Stato.
Assimilazione ebraica
L’assimilazione degli ebrei tedeschi alla società tedesca ebbe così grande successo che, secondo alcuni storici, divennero più tedeschi che ebrei fino al 1933. Un rapporto della Gestapo afferma, nel 1935, che gli ebrei della fazione non sionista, specialmente gli ebrei assimilati, erano “più tedeschi dei tedeschi”.
Fra il 1800 e il 1900 circa 70.000 ebrei si convertirono al cristianesimo in Germania e nell’Impero Austro-Ungarico. Alcuni ebrei si convertirono per ottenere più stima, avere la possibilità di sposare chi volevano, una condizione migliore e migliori posti di lavoro. Pochi si convertirono perché sedotti dal messaggio cristico. Quasi tutti lo fecero solo per essere assimilati.
L’esercito tedesco di Hitler
Nel 1939 gli ebrei rimasti in Germania erano 328.176 rispetto ai 600.000 del 1933.
Dal momento che furono circa 17 milioni i soldati che prestarono servizio nella Wehrmacht, una valutazione prudente del possibile numero di soldati ebrei che combatterono per Hitler raggiunge la folle cifra di 150.000 persone.
Alcuni storici affermarono erroneamente che gli ebrei non potevano diventare ufficiali in Germania. In realtà lo fecero in molti, ma molto spesso dovettero convertirsi prima di diventarlo.
Alcune persone di origine ebraica parteciparono direttamente all’Olocausto come carnefici, principalmente a causa del loro grado e delle loro responsabilità
Il famoso medico di Dachau, dottor Hans Eppinger, un ebreo per un quarto o forse per metà, effettuò degli orribili esperimenti sui pazienti.

Stella Goldschlag, un’ebrea, aiutò la Gestapo a dare la caccia agli ebrei nascosti a Berlino per la loro deportazione. Era una bellissima donna, con gli occhi blu e i capelli biondi. La Gestapo comunicò che avevano intenzione di dichiararla ariana! Soprannominata il “veleno biondo”, fu responsabile della morte di decine, se non centinaia di persone.

Alcuni ebrei dirigevano addirittura dei campi di concentramento.
L’Obersturmfuhrer delle SS Fritz Scherwitz (nome vero Eleke Sirewiz) un ebreo e membro del Partito, controllava il campo di Lenta, poco distante da Riga e si macchiò di efferati crimini.

Tratto dal libro: “I soldati ebrei di Hitler: la storia mai raccontata delle leggi razziali naziste e degli uomini di origine ebraica dell’esercito tedesco”.
