ROMA. «Meglio morire di fame che di vaccino». Non ha dubbi la signora al telefono. Ha poco più di 50 anni e lavora come operatrice socio-sanitaria in una Rsa privata vicino a Ivrea, in Piemonte. O meglio lavorava, visto che da due mesi è stata sospesa dal servizio e lasciata a casa senza stipendio. Dopo l’entrata in vigore della legge sull’obbligo vaccinale, ad aprile, la direzione della struttura ha intimato a tutti i dipendenti di vaccinarsi: «La metà delle colleghe non voleva, ma poi per paura hanno ceduto, io sono l’unica ad aver resistito», racconta a «La Stampa».
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