Durante la notte c’è stata una nuova ondata di violenza nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme, causata dai gruppi di israeliani che hanno provato a sfrattare le famiglie palestinesi.
Gli israeliani dicono che le case sono costruite su un terreno che era di proprietà degli ebrei prima della guerra del 1948 che ha portato alla creazione di Israele. La legge israeliana consente agli ebrei di reclamare tali proprietà, un diritto negato ai palestinesi che hanno perso terre e case nello stesso conflitto.
Israele ha conquistato Gerusalemme est, sede di luoghi sacri per ebrei, cristiani e musulmani, nella guerra del 1967 e l’ha annessa con una mossa non riconosciuta a livello internazionale. Israele vede l’intera città come la sua capitale, mentre i palestinesi vogliono Gerusalemme est come capitale del loro futuro stato.
La polizia israeliana e gli agenti di frontiera hanno fatto sapere di aver arrestato quattro sospetti. Non è ancora chiaro chi abbia iniziato e la polizia si è limitata a riferire che qualcuno ha lanciato petardi contro gli agenti e le case dei palestinesi.
Il servizio di emergenza della Mezzaluna Rossa ha fatto sapere di aver curato 20 palestinesi intossicati dai gas lacrimogeni e feriti da proiettili rivestiti di gomma, mentre gli israeliani hanno lanciato pietre contro le ambulanze.
L’esplosione di violenza è l’ultimo atto delle aggressioni a Sheikh Jarrah, dove settimane di disordini hanno catturato l’attenzione internazionale prima degli 11 giorni di guerra tra Israele e Hamas il mese scorso.
Il cessate il fuoco è entrato in vigore il 21 maggio, ma la lunga campagna dei coloni ebrei per sfrattare decine di famiglie palestinesi continua. Si tratta del primo test per il nuovo governo guidato da Naftali Bennett, capo del partito di destra Yamina, che grazie alle ultime elezioni è riuscito a estromettere il leader di Likud Benjamin Netanyahu dalla premiership dopo aver ricoperto la carica per 12 anni.
Israele ha condotto una campagna decennale per sfrattare le famiglie dai quartieri palestinesi densamente popolati nel cosiddetto Bacino Santo appena fuori le mura della Città Vecchia, in una delle zone più sensibili di Gerusalemme est.
Un intervento del procuratore generale d’Israele ha momentaneamente bloccato gli sfratti, ma i gruppi per i diritti umani hanno avvertito che potrebbero avvenire nei prossimi mesi se l’attenzione della comunità internazionale dovesse calare.