Lo studio sulla sifilide di Tuskegee fu un esperimento clinico attuato e seguito dallo United States Public Health Service nella città di Tuskegee, in Alabama, negli USA.
Svoltosi tra il 1932 e il 1972, ebbe ad oggetto lo studio dell’evoluzione della sifilide non curata nella popolazione maschile nera della cittadina statunitense, venne effettuato con lo scopo di verificare gli effetti della progressione naturale della malattia su un corpo infetto non curato.
Per gli esperimenti vennero reclutati 399 inconsapevoli mezzadri afroamericani malati di sifilide e 201 sani (come gruppo di controllo), i quali furono seguiti dalle autorità coinvolte per capire l’evoluzione della malattia e i suoi reali effetti anche nella speranza di giustificare i programmi di trattamento sulla popolazione nera.[1]
Sebbene nel 1940 fosse stata provata l’efficacia della penicillina come cura della malattia, i medici proseguirono nel programma di studio, seppur consapevoli che avrebbe portato a un disastro sia sul piano sanitario che su quello sociale. Nel 1947, la penicillina era ormai ampiamente utilizzata come cura universale per la sifilide, ma dal momento che l’accettazione di essa come cura avrebbe causato la chiusura dello studio di Tuskegee, gli studiosi continuarono per la propria strada impedendo anche agli altri neri della città di sottoporsi al trattamento con la penicillina.
Seguito da numerose autorità di vigilanza, lo studio di Tuskegee continuò le proprie attività fino al 1972, quando, dopo che la ricerca cadde sotto i riflettori dell’opinione pubblica, prendendo la prima pagina di tutte le testate nazionali, si concluse nel giro di un giorno. L’eredità del programma di ricerca fu la morte, seguita all’aggravarsi della sifilide, di numerosi uomini e la trasmissione della malattia attraverso i rapporti sessuali alle proprie donne, che una volta incinte, trasmisero una sifilide congenita ai propri nascituri.
Citato in seguito come “senza dubbio lo studio più infame nella ricerca biomedica nella storia degli Stati Uniti“, le vicende che ne seguirono portarono nel 1979 alla creazione del rapporto Belmont e l’istituzione dell’Office for Human Research Protections (OHRP). Inoltre portò all’adozione di una regolamentazione federale richiedente una commissione di revisione istituzionale per la tutela dei soggetti partecipi a sperimentazioni sul corpo umano. A gestire questa responsabilità sarà quindi incaricato in seguito l’OHRP, messo a sua volta come sezione interna del dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti.
Lo studio fu un fallimento dal punto di vista scientifico. Dopo la guerra molti dei soggetti sifilitici alla fine avevano ricevuto dosi di penicillina e altri antibiotici nel corso di trattamenti per altre infezioni. Anche se non avevano ricevuto un’appropriata terapia, questo bastava per invalidare l’esperimento. Due anni prima che la storia diventasse pubblica il dottor James B. Lucas del Cdc dichiarava: “Nulla di quello che è stato appreso aiuterà a prevenire, trovare o curare un singolo caso di sifilide infettiva o ci porterà più vicini alla nostra missione di controllare le malattie veneree negli Stati Uniti.”
Nel 1997 l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton chiese ufficialmente scusa per l’accaduto a tutta la nazione.