La Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, ha recentemente pronunciato un discorso drammatico e senza precedenti, in cui ha denunciato non solo la continuità della violenza contro il popolo palestinese, ma anche l’esistenza di un sistema economico globale che trae profitto da quella che lei definisce senza mezzi termini “un’economia del genocidio”.
“Per la prima volta ho paura,” ha dichiarato Albanese. “Ci sono minacce a me e ai miei figli, telefonate nel cuore della notte. L’aria è cambiata.”
Queste parole arrivano all’indomani della pubblicazione del suo ultimo rapporto all’ONU, un documento che solleva accuse pesantissime nei confronti non solo del governo israeliano, ma anche di attori privati e internazionali che, secondo Albanese, stanno approfittando della guerra in Palestina per guadagnare.
Nel suo intervento, Albanese ha posto una domanda diretta e provocatoria:
“Perché il genocidio continua? Perché non si è fermato?”
La risposta che dà è sconcertante: perché genera profitti.
“Ci sono compagnie che stanno approfittando di ciò che sta succedendo ai palestinesi. Gente che si fa i soldi su tutto questo. E non è nemmeno una novità.”
La giurista denuncia l’esistenza di un modello economico consolidato, che da anni opera nei territori occupati e si fonda su due pilastri:
- Lo sfollamento forzato dei palestinesi – tramite demolizioni, uso della forza, espropriazioni.
- La segregazione e la carceralità – con una rete capillare di muri, checkpoint, sorveglianza, tecnologie biometriche.
Albanese accusa apertamente alcune industrie civili e militari – dai produttori di armi a quelli di cemento, dalle aziende tecnologiche alle università partner di Israele – di essere complici nella costruzione di quello che lei definisce un “ecosistema di apartheid e sorveglianza”.
“C’è un’industria dietro: l’industria delle armi, quella delle costruzioni, quella della tecnologia. Gente che ha sviluppato muri intelligenti, checkpoint, telecamere… tutto questo è business.”
Nel suo rapporto, la Relatrice ONU ha investigato il ruolo del settore privato internazionale, chiedendo che venga chiamato a rispondere legalmente e moralmente per il proprio coinvolgimento.
Ma questo lavoro ha un prezzo. Francesca Albanese, figura scomoda da tempo per molti governi, ora afferma esplicitamente di temere per la propria vita.
“Voglio che il messaggio viaggi su tutte le gambe possibili, anche se dopo un giorno non dovessero essere più le mie.”
Questa dichiarazione, agghiacciante, richiama l’urgenza e la gravità del momento. Non si tratta più solo di un dibattito politico, ma della protezione della verità, della giustizia e delle voci che osano raccontarla.