In Ucraina, la mobilitazione militare ha assunto i contorni di una vera e propria caccia all’uomo.
Uomini in uniforme fermano giovani per strada, nei locali, ai mercati. Se non hanno documenti, o se risultano arruolabili, vengono presi sul posto e portati via. In alcuni casi vengono inseguiti. In altri, persino buttati a terra o gettati dentro a veicoli senza alcuna spiegazione formale.
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Dalla primavera 2024, il governo ucraino ha intensificato la leva obbligatoria, abbassando l’età di arruolamento a 25 anni e ampliando i poteri dei Centri Territoriali di Reclutamento (TCC). Ma le modalità con cui questi operano sono diventate indegne di uno Stato di diritto: inseguimenti, retate nei luoghi pubblici, irruzioni in casa. Nessun mandato. Nessuna trasparenza.
La retorica ufficiale parla di necessità militare. Ma i video, le testimonianze e le denunce raccontano un’altra cosa: uomini strappati alla vita civile, prelevati come fossero criminali, spesso senza nemmeno sapere dove vengono portati.
Il silenzio dei media mainstream è assordante. Mentre la guerra continua, l’Europa e gli USA guardano altrove. Le immagini che girano sui social raramente trovano spazio nei giornali occidentali. Chi ne parla viene accusato di “propaganda filo-russa”, ma i video parlano da soli.
E mentre la macchina del reclutamento continua a ingoiare ragazzi per strada, si assottiglia sempre di più il confine tra necessità militare e repressione