Itamar Ben-Gvir, attuale ministro della Sicurezza Nazionale di Israele, rappresenta l’incarnazione più pericolosa dell’estremismo di destra nel panorama politico israeliano.
La sua figura simboleggia una deriva autoritaria e nazionalista che minaccia la già fragile convivenza con i palestinesi e mette a rischio i principi democratici su cui Israele dovrebbe fondarsi. La sua ascesa al potere, resa possibile dalle manovre di Benjamin Netanyahu per mantenere il controllo politico e sfuggire alle conseguenze giudiziarie, segna un punto di svolta oscuro nella storia del paese. Con un passato radicato nell’estremismo, un’ideologia tossica e un’agenda repressiva, Ben-Gvir è una minaccia concreta per la stabilità della regione e per il futuro stesso di Israele.
Un passato oscuro: dalle origini kahaniste alla politica
Itamar Ben-Gvir è nato nel 1976 in una famiglia ebraica di origine irachena, cresciuto in un ambiente fortemente nazionalista. Fin da giovane, si è avvicinato al movimento kahanista, un’ideologia razzista e violenta ispirata a Meir Kahane, il rabbino estremista il cui partito, Kach, fu bandito in Israele negli anni ’80 per incitamento al razzismo e al terrorismo. Kahane sosteneva l’espulsione forzata dei palestinesi e la creazione di uno Stato ebraico puro, basato sulla supremazia ebraica.
Già a 18 anni, Ben-Gvir si distingueva come coordinatore dei giovani kahanisti, partecipando a manifestazioni violente e collezionando accuse per incitamento all’odio e atti di violenza. Tra i suoi “idoli” ci sono figure come Baruch Goldstein, l’autore del massacro di Hebron del 1994, in cui 29 palestinesi in preghiera furono uccisi, e Yigal Amir, l’assassino del premier Yitzhak Rabin nel 1995. Ben-Gvir ha persino ammesso di aver rubato l’emblema dell’auto di Rabin come “trofeo”, un gesto che simboleggia il suo disprezzo per la pace e il dialogo.
Nonostante il suo passato, Ben-Gvir è riuscito a costruire una carriera politica, sfruttando abilmente la retorica della paura e dell’odio verso i palestinesi. La sua ascesa riflette il crescente consenso che l’estrema destra ha trovato in una società israeliana sempre più polarizzata e disillusa.
Un’ideologia tossica: supremazia ebraica e repressione
Ben-Gvir incarna una visione radicale che nega qualsiasi diritto ai palestinesi. Le sue posizioni vanno ben oltre il sionismo tradizionale, abbracciando una forma di supremazia ebraica che esclude e opprime chiunque non rientri nella sua definizione di “popolo eletto”. Tra le sue proposte più scioccanti:
- Espulsione dei palestinesi condannati per qualsiasi reato, anche minore, una misura che rischia di colpire indiscriminatamente migliaia di persone.
- Pena di morte per i terroristi, una proposta che, nel contesto israeliano, potrebbe essere utilizzata per giustiziare chiunque si opponga all’occupazione.
- Espansione degli insediamenti in Cisgiordania, una politica che viola il diritto internazionale e rende impossibile qualsiasi soluzione a due Stati.
Ma Ben-Gvir non si limita alle parole. La sua partecipazione a raid contro palestinesi in aree come Sheikh Jarrah e Hebron, spesso accompagnati da violenze e saccheggi, dimostra che la sua retorica si traduce in azioni concrete di oppressione. Durante questi raid, Ben-Gvir e i suoi sostenitori hanno aggredito fisicamente palestinesi, distrutto proprietà e incitato alla violenza, creando un clima di terrore nelle comunità locali.
L’ascesa al potere: il patto con Netanyahu
La nomina di Ben-Gvir a ministro della Sicurezza Nazionale è il risultato di un patto scellerato tra Benjamin Netanyahu e l’estrema destra israeliana. Dopo le elezioni del 2022, Netanyahu, alle prese con processi per corruzione, frode e abuso di potere, ha stretto un’alleanza con partiti estremisti come Otzma Yehudit e il Partito Sionista Religioso di Bezalel Smotrich. Per evitare di finire in carcere e mantenere il controllo politico, Netanyahu ha concesso a Ben-Gvir il controllo sulla polizia e sulle forze di sicurezza interne, e a Smotrich poteri significativi sulla gestione della Cisgiordania.
Questa mossa ha trasformato l’estremismo da corrente marginale a pilastro del governo israeliano. Ben-Gvir, ora al comando delle forze di sicurezza, ha il potere di attuare politiche repressive che minacciano non solo i palestinesi, ma anche gli stessi cittadini arabi israeliani, sempre più emarginati e discriminati. La sua nomina rappresenta una normalizzazione dell’estremismo che ha conseguenze disastrose per la società israeliana e per il futuro del conflitto israelo-palestinese.
Conseguenze disastrose: violenza e isolamento internazionale
Le politiche di Ben-Gvir hanno esacerbato le tensioni tra israeliani e palestinesi, portando a un’escalation di violenze che ha causato morti e feriti tra i civili. La sua retorica incendiaria e il sostegno a misure repressive hanno isolato Israele sulla scena internazionale. Numerosi paesi e organizzazioni hanno condannano la sua nomina come una minaccia alla pace e alla stabilità della regione.
Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, hanno accusato Ben-Gvir di contribuire a una politica di apartheid, con un sistema di leggi e pratiche che discriminano sistematicamente i palestinesi. La sua ascesa al potere rappresenta un pericolo non solo per i palestinesi, ma per lo stesso futuro di Israele come Stato democratico.
Un futuro oscuro per Israele
L’ascesa di Itamar Ben-Gvir rappresenta un punto di svolta oscuro nella storia di Israele, che richiama alla memoria alcuni dei momenti più bui del XX secolo. Le sue politiche e la sua retorica incendiaria stanno alimentando un clima di odio e intolleranza, approfondendo le divisioni in una società israeliana già profondamente lacerata.
La figura di Ben-Gvir evoca tristi parallelismi con leader estremisti del passato, come Meir Kahane, il rabbino fondatore del movimento kahanista, il cui partito fu bandito per razzismo e incitamento alla violenza. Tuttavia, a differenza di Kahane, che rimase una figura marginale, Ben-Gvir è riuscito a entrare nel governo, normalizzando un’estremismo che un tempo era confinato ai margini della società. Questo processo ricorda la normalizzazione dell’estremismo che ha caratterizzato l’ascesa di regimi autoritari in Europa negli anni ’30, dove leader carismatici hanno sfruttato paure e divisioni per consolidare il potere.
Ben-Gvir è il simbolo di una deriva pericolosa che minaccia non solo il futuro del Medio Oriente, ma anche i valori universali di giustizia, uguaglianza e democrazia. La sua ascesa al potere, resa possibile dalle manovre di Benjamin Netanyahu per evitare il carcere, è un campanello d’allarme per il mondo intero: quando l’estremismo viene normalizzato, le conseguenze sono catastrofiche. Israele, e con esso la comunità internazionale, non possono permettersi di chiudere gli occhi di fronte a questa minaccia. Il prezzo dell’indifferenza sarebbe troppo alto, come dimostrano le lezioni della storia.
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