Sassari, sabato mattina. Una giovane donna 25enne, Alessia, incinta di cinque settimane, avverte dei dolori e accusa delle perdite. Chiede al marito Enzo, 51 anni, di portarla urgentemente al pronto soccorso di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale San Pietro di Sassari. E’ da cinque anni che attendono di avere un bimbo, e sono nell’angoscia. “Mia moglie ha avvertito un forte dolore addominale -racconta Enzo all’Adnkronos- Era incinta da non meno di 5 settimane, il secondo test l’aveva fatto una settimana prima. Ha sentito il medico e dato che aveva delle piccolissime perdite lui le ha consigliato di andare al Pronto Soccorso”. All’entrata la coppia viene accolta da un’ostetrica ma, nel racconto dell’uomo, le cose appaiono da subito molto complicate.
“Al piano terra c’è una sorta di triage, un’ostetrica filtra le varie visite. Ha accolto mia moglie bardata di tutto punto, con tenuta anti Covid. Ha chiesto cosa avesse e Alessia le ha spiegato che aveva mal di pancia e perdite, e che era alla quinta settimana di gravidanza”, spiega Enzo. L’ostetrica le chiede il super green pass che la giovane, vaccinata con due dosi e già prenotata per la terza, esibisce. L’ostetrica a quel punto richiude la porta e li fa aspettare “venti minuti, dicendo che si era dimenticata”, racconta l’uomo. Quindi sale “al quarto piano per chiedere cosa fare” e, quando scende, chiede se la donna abbia eseguito un tampone molecolare, presentato come requisito essenziale per poter procedere alla visita. “Era sabato, non sapevamo nemmeno che dovesse essere necessario ed eravamo nell’angoscia più totale -ricorda l’uomo con voce rotta- Abbiamo chiesto cosa potessimo fare, ma era di sabato, in ospedale non eseguivano i tamponi e ci hanno detto che dovevamo tornare lunedì”.
La coppia insiste, ma non c’è verso. “Ha detto a mia moglie che se non riusciva a gestire i dolori doveva prendere una tachipirina e tornare il lunedì”, si sfoga l’uomo. Una volta fuori dall’ospedale, succede l’inimmaginabile. “Sono passato a prenderla in macchina, e l’ho trovata piegata in due dai dolori”, racconta, e “le perdite sono diventate copiose: si capiva che non ci fosse più niente da fare, e una volta a casa abbiamo capito che aveva abortito”.
Mettere in galera l’infermiera con una scatola di takipirina, senza processo , fino alla fine dei suoi giorni. La stanza della galera 2 x 2 , senza luce e contatti con esterni. Unica soluzione giusta…. non deve morire assolutamente . È l’unico modo x farle capire che è un’assasina è deve pagare