L’annuncio del governo Meloni di autorizzare l’ingresso di mezzo milione di lavoratori stranieri, tra il 2026 e il 2028, in aggiunta ai 450mila già previsti nel triennio precedente, viene presentato come una misura di “legalità” e “controllo” dell’immigrazione. Ma al di là della retorica, questa politica non fa che consolidare un sistema perverso che crea precarietà strutturale, alimentando un esercito di lavoratori sfruttati e poi abbandonati al loro destino.
Un permesso di soggiorno a tempo determinato
Il Decreto Flussi concede permessi di soggiorno temporanei, vincolati a contratti di lavoro spesso stagionali o a termine. Quando quel lavoro finisce – perché il raccolto è terminato, perché il datore non rinnova il contratto o perché il settore è in crisi, il permesso scade, e il lavoratore diventa automaticamente irregolare. In teoria, dovrebbe lasciare l’Italia, ma le espulsioni sono rare, costose e inefficaci: molti Paesi di origine rifiutano i rimpatri, e lo Stato italiano non ha né le risorse né la volontà politica di applicarli in modo sistematico.
Il risultato? Milioni di persone di nazionalità straniera restano nel limbo, costretti a sopravvivere nell’economia sommersa, in balia di caporali e intermediari che ne sfruttano la disperazione.
Dallo sfruttamento lavorativo alla criminalizzazione
Chi perde il permesso di soggiorno viene tagliato fuori da ogni forma di legalità, costretto a sopravvivere ai margini, accettando lavori in nero, sottopagato e in condizioni di sfruttamento estremo, senza sicurezza né garanzie. Molti finiscono in una condizione di povertà assoluta, privati dei mezzi minimi per vivere. E quando la disperazione prende il sopravvento, restano solo le vie più pericolose e degradanti: il circuito dell’accattonaggio forzato, il traffico di droga, lo sfruttamento sessuale o le maglie della criminalità organizzata.
E così, lo stesso sistema che li ha fatti entrare “legalmente” li trasforma in irregolari, per poi additarli come “minaccia alla sicurezza”.
Migranti “usa e getta”: la logica del profitto senza diritti
La realtà è che il Decreto Flussi è uno strumento pensato per fornire manodopera a basso costo a settori che non vogliono affrontare il problema della qualità del lavoro. È un ciclo perfetto per mantenere bassi i salari e spezzare la solidarietà tra lavoratori. Perché più cresce il bacino di lavoratori ricattabili, meno forza contrattuale avranno tutti gli altri.
Questa logica danneggia non solo i migranti, ma anche i lavoratori italiani. Continuare a usare l’immigrazione come serbatoio di manodopera precaria, serve soltanto a indebolire i diritti di tutti, a comprimere i salari, a rendere più difficile l’accesso a un lavoro stabile e dignitoso per chiunque.
Finché il lavoro sarà lasciato al mercato e alla logica del profitto rapido, l’immigrazione continuerà a essere uno strumento per impoverire e sfruttare. La politica deve avere il coraggio di intervenire con decisione, evitando di importare “nuovi schiavi” da sfruttare.
I lavoratori italiani non mancano: ciò che manca sono i diritti, le tutele e la dignità necessari per garantire un lavoro vero e dignitoso per gli italiani, che permetta di vivere e non solo di sopravvivere.

Ripeto e ripeterò all’infinito sempre quello, il cancro dell’itaGlia sono gli itaGli-ani, hanno troppi, troppi, troppi, troppi soldoni nei conti correnti