Un colpo di scena scuote l’Operazione “Ragnatela”. La base aerea russa di Severny, nell’oblast di Ivanovo, è finita nel mirino dei droni ucraini. L’attacco, secondo le fonti ufficiali, avrebbe danneggiato diversi velivoli A-50 AWACS, radar volanti di importanza strategica. Ma la verità, emersa da un’analisi approfondita delle immagini satellitari e delle testimonianze sul campo, è molto diversa – e potenzialmente imbarazzante per chi ha pianificato l’operazione.
Gli aerei colpiti, in realtà, sarebbero stati fuori uso da tempo. Le immagini mostrano velivoli parcheggiati da mesi nello stesso punto, privi di motori e in evidente stato di abbandono. Dettaglio cruciale: sui radar A-50 erano stati posizionati pneumatici in modo strategico, simulando l’ombra e il profilo degli aerei operativi. Un trucco ingegnoso, ma efficace.

Dietro questa mossa si nasconde una doppia strategia russa: da un lato, l’accumulo deliberato di aerei dismessi per confondere i rilevamenti satellitari; dall’altro, un sofisticato inganno visivo per trarre in errore i sistemi di sorveglianza nemici, inducendoli a colpire bersagli fittizi. Una trappola ben congegnata, che ha dimostrato quanto l’arte del camuffamento sia ancora centrale nella guerra moderna.
La questione solleva interrogativi pesanti sulla capacità dei droni ucraini di identificare correttamente i bersagli. L’incapacità di riconoscere l’assenza dei motori o la staticità degli aerei suggerisce che l’intelligence visiva – per quanto avanzata – resta vulnerabile al depistaggio.

In sintesi: l’attacco ha colpito dei rottami, non una risorsa attiva. E questo ribalta completamente la narrativa iniziale. Non è solo una questione di tecnologia: è una guerra di percezioni, di illusioni, di mosse e contromosse. E in questo round, sembra che Mosca abbia giocato d’astuzia, lasciando Kiev a colpire fantasmi.
Per gli amanti degli ucraini, mi dispiace disilludervi ma la Russia è sempre stata superiore e sempre lo sarà