In una delle sue uscite più ciniche, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha suggerito che i palestinesi potrebbero costruire il loro Stato in Arabia Saudita, affermando che “c’è tanto spazio lì”. Questa dichiarazione, rilasciata durante un’intervista con il canale israeliano Channel 14, costituisce un grave insulto alla dignità di un popolo oppresso da decenni. Le parole di Netanyahu riflettono un’arroganza sconcertante e un profondo disprezzo per il diritto internazionale e per qualsiasi prospettiva di pace giusta e duratura nella regione.
Le sue parole, ricordano in modo sinistro la retorica utilizzata dai regimi oppressivi del passato, in particolare quella del regime nazista di Adolf Hitler, che cercò di “risolvere” la questione ebraica attraverso deportazioni, ghetti e, infine, lo sterminio.
Netanyahu, con la sua proposta di “trasferire” i palestinesi in Arabia Saudita, ripropone una logica che ricorda da vicino quella adottata da Hitler nei confronti degli ebrei: l’idea che un intero popolo possa essere spostato, confinato o cancellato per risolvere un “problema”. Durante gli anni ’30, i nazisti discussero piani come il “Piano Madagascar”, che prevedeva la deportazione degli ebrei europei in un’isola lontana. Quel piano, come la proposta di Netanyahu, era basato su una visione disumana e razzista, che considerava un gruppo di persone come un peso da scaricare altrove.
Netanyahu, noto per le sue posizioni estremiste e per il rifiuto storico di riconoscere i diritti fondamentali dei palestinesi, ha superato ogni limite con questa proposta. Sostenere che i palestinesi debbano “trasferirsi” in Arabia Saudita ignora decenni di lotte, sofferenze e rivendicazioni legittime. È una visione colonialista e razzista, che tratta un intero popolo come un problema da spostare altrove, anziché come una nazione con diritti inalienabili.
Non sorprende che la dichiarazione di Netanyahu abbia scatenato un’ondata di sdegno e condanna. Le risoluzioni delle Nazioni Unite, riconosciute dalla stragrande maggioranza della comunità globale, affermano chiaramente che i palestinesi hanno diritto a uno stato indipendente nei territori occupati dal 1967, con Gerusalemme Est come capitale. Proporre di “deportare” i palestinesi in Arabia Saudita viola questi principi e rappresenta un tentativo di cancellare la loro identità nazionale e storica.
L’Autorità Palestinese ha definito le sue parole “razziste” e “una violazione del diritto internazionale”, mentre l’Arabia Saudita ha respinto con fermezza l’idea, ribadendo che i palestinesi hanno diritto alla loro terra e che nessun paese può essere costretto a “ospitarli”. Anche la comunità internazionale ha espresso preoccupazione, con l’Unione Europea e diversi paesi arabi che hanno sottolineato l’importanza di una soluzione a due stati basata sul diritto internazionale.
Questa non è la prima volta che Netanyahu dimostra un totale disprezzo per i diritti dei palestinesi. La sua politica di espansione degli insediamenti illegali in Cisgiordania, la repressione violenta delle proteste a Gaza e il rifiuto di qualsiasi negoziato serio per una soluzione a due stati sono solo alcuni esempi della sua strategia: negare, umiliare e cancellare. La proposta di “trasferire” i palestinesi in Arabia Saudita è l’ultimo capitolo di questa politica ignobile, che mira a normalizzare l’occupazione e a negare l’esistenza stessa del popolo palestinese.
Netanyahu, con queste parole, ha dimostrato ancora una volta di essere un ostacolo alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese e un leader che preferisce la provocazione alla diplomazia, l’arroganza al dialogo. Questa dichiarazione resterà come una macchia indelebile sul suo mandato e sulla storia di Israele.
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