Oggi, nell’anniversario dell’uccisione di Shireen Abu Akleh, una giornalista palestinese-americana che lavorava per Al Jazeera con sede in Qatar. Era conosciuta nel mondo arabo per il suo lavoro nel documentare la dura realtà dell’occupazione israeliana. È stata uccisa il 11 maggio dello scorso anno da un cecchino israeliano mentre stava documentando un’incursione delle forze armate israeliane in un campo profughi nella città occupata di Jenin, in Cisgiordania.
La sua morte ha suscitato indignazione a livello internazionale, soprattutto a causa delle violente scene che si sono verificate durante il suo funerale a Gerusalemme, quando la polizia israeliana ha attaccato i portatori della bara, rischiando di farla cadere.
Le forze di difesa israeliane, dopo l’accaduto, ha riconosciuto l’alta possibilità che Abu Akleh sia stata uccisa da un soldato durante l’incursione. Tuttavia, sostengono che lo sparo sia stato accidentale e non ritengono giustificata l’apertura di un’indagine penale.
Dopo un anno ancora nessun passo significativo è stato fatto per perseguire i responsabili, i suoi familiari chiedono con forza giustizia. La sua famiglia, insieme alla comunità internazionale, continua a spingere affinché venga fatta luce su questo tragico evento e che coloro che l’hanno uccisa siano portati davanti alla giustizia. È un’occasione per ricordare il suo impegno e la sua eredità, ma anche per rinnovare la richiesta di responsabilità e verità.
La tragica morte di Abu Akleh rappresenta solo uno dei numerosi casi in cui giornalisti palestinesi sono stati uccisi senza conseguenze da parte di Israele. Nel frattempo, la violenza nella regione è in costante aumento, con un crescente numero di vittime civili palestinesi. Le forze di difesa israeliane, godono di una quasi totale impunità, e la speranza di ottenere giustizia svanisce progressivamente.