All’inizio di questo mese, la Food and Drug Administration ha esteso tale autorizzazione ai bambini dai 12 ai 15 anni di età. Il 14 maggio, il CDC ha avvertito i medici del possibile legame tra miocardite e vaccini. Per comprendere cosa significhi questo report dei CDC ilfattoquotidiano.it ha intervistato Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell’istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”. Proponiamo uno stralcio
I bambini non hanno praticamente alcun rischio da Covid-19, è corretto?
Sì, è proprio così. I bambini si infettano, ma di solito non si ammalano. Quindi rischiano davvero poco con Covid-19.
Per i vaccini Covid-19, i potenziali benefici sono chiari per anziani e vulnerabili. Non è così per i bambini. Se gli adulti sono tutti vaccinati, quali rischi ci sono se non si immunizzano i bambini da 6 mesi a 11 anni?
Iniziamo col dire che la nostra vera priorità adesso è finire di vaccinare sessantenni e cinquantenni, poi dovrà essere la volta dei quarantenni. Per arrivare a vaccinare tutti fino ai 18 anni, ammesso di riuscire a mantenere il ritmo attuale, ci vorranno quattro mesi, quindi c’è tempo per pensare ai bambini. Fra l’altro sulla fascia 6 mesi – 11 anni non ci sono studi, né autorizzazioni della Fda.
Alcuni effetti dei vaccini, per gli adulti, sono stati rilevabili solo dopo la fase di inoculazione di massa, come i rari casi di trombocitopenia trombotica indotta da vaccino (VITT). Questo varrebbe anche per i bambini? Si potrebbero vedere solo su grandi numeri effetti non ancora noti?
Per accorgersi di effetti rari o rarissimi bisogna aver trattato centinaia di migliaia o anche milioni di pazienti, per questo gli studi di fase tre non bastano. Serve seguire i pazienti dopo che il farmaco è in commercio, ed è quello che si sta facendo con i vaccini.
Sebbene la sindrome Long-Covid sia stata citata come motivo per vaccinare i bambini, ci sono pochi dati. In loro sembra meno comune e molto più breve. Inoltre nessuno degli studi sul vaccino ha analizzato questo aspetto. Che ne pensa?
Quello che ormai tutti chiamano Long Covid, le conseguenze a distanza del Covid, non colpisce i bambini quasi mai e quando succede – come emerge da uno studio inglese in bambini e ragazzi dai 5 ai 17 anni – si risolve tutto in 4-8 settimane senza lasciare strascichi rilevanti. Lo studio che ha preso in esame 300mila ragazzi seguiti nel corso di un anno, non è ancora stato pubblicato ma è disponibile in forma di pre-print (cioè in forma di bozza non ancora valutata da una rivista accademica).
I bambini non hanno bisogno della vaccinazione per sostenere l’immunità di gregge. Già due terzi della popolazione adulta nel Regno Unito ha ricevuto almeno una dose di vaccino. Cosa ne pensa?
È possibile che i bambini che si infettano senza ammalarsi possano contribuire all’immunità di popolazione. Un lavoro pubblicato qualche tempo fa su Nature suggerisce che questo potrebbe succedere e che più in generale saranno proprio gli asintomatici a consentirci di arrivare alla fine della pandemia. Ma non abbiamo alcuna certezza.
I bambini non trasmettono Sars-CoV-2 così facilmente come gli adulti?
Un lavoro di ricercatori della Scozia, non ancora pubblicato ma disponibile in forma di pre-print, su 300mila adulti che vivevano o meno con bambini dimostra che avere uno o due bambini in casa diminuisce le probabilità di ammalarsi di Covid-19, e di contrarre forme severe; come se la protezione che i bambini hanno naturalmente nei confronti del virus potesse essere condivisa con chi vive con loro. È molto interessante, anche se è tutto il contrario di quello che si pensava. Si tratta di un argomento da approfondire, potrebbe mettere in discussione tante delle nostre semi-certezze. Questo lavoro però mette in evidenza, indipendentemente dall’interpretazione, due cose importanti. La prima che, come dicevamo, la contagiosità dei bambini è molto bassa. La seconda che la vita sociale di chi ha uno o due bambini in casa è inevitabilmente ridotta rispetto a chi non ne ha. Potrebbe essere semplicemente questa la ragione di quanto è stato osservato dai ricercatori scozzesi.