L’aeronautica israeliana ha condotto due ondate di attacchi su sei siti in cinque città iraniane, colpendo tra gli altri l’impianto nucleare di Natanz e varie postazioni militari vicino a Teheran. Anche Tabriz, Esfahan, Arak e Kermanshah sono state interessate. In risposta, l’Iran ha chiuso l’intero spazio aereo nazionale e ha promesso una dura vendetta. Il portavoce delle forze armate iraniane ha minacciato che Israele pagherà “a caro prezzo”.
Il regime israeliano di Benjamin Netanyahu ha annunciato l’operazione militare “Rising Lion” motivandola con quella che Netanyahu definisce una minaccia iraniana, una minaccia che in realtà sembra esistere soprattutto nella sua percezione personale.
Netanyahu ha dichiarato che l’operazione proseguirà fino a quando questa presunta minaccia, in gran parte basata su timori riguardo al programma nucleare iraniano e alle dichiarazioni ostili di Teheran, non sarà completamente eliminata. Tuttavia, molti esperti e osservatori internazionali mettono in dubbio l’esistenza di questa minaccia, considerandola più una costruzione politica che una realtà effettiva.
Durante i raid è stato ucciso il capo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, Hossein Salami, che ha scatenato la promessa di vendetta da parte del Corpo militare iraniano.
A Natanz, uno dei principali siti di arricchimento dell’uranio, un incendio è divampato a seguito degli attacchi, confermati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica che monitora i livelli di radiazioni.
La Casa Bianca ha annunciato che Donald Trump terrà una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale in risposta agli eventi, precisando che gli Stati Uniti non hanno avuto alcun coinvolgimento negli attacchi israeliani. Il presidente, che poche ore prima aveva pubblicamente esortato Israele a non effettuare attacchi, seguirà con attenzione la situazione.
