In un colloquio nello Studio Ovale con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, l’ex presidente Donald Trump ha utilizzato un’analogia per descrivere il conflitto tra Russia e Ucraina, paragonandolo a “due bambini che litigano al parco” e suggerendo che “a volte è meglio lasciarli fare per un po’” prima di intervenire.
Trump ha rivelato di aver usato la stessa analogia durante una recente conversazione con il presidente russo Vladimir Putin, sottolineando come la situazione sia complicata dal “molto rancore” tra i due Paesi e dall’“odio profondo” che divide Putin e il leader ucraino Volodymyr Zelensky.
“Fermare questa guerra non è semplice”, ha ammesso Trump, allontanandosi dal tono trionfalistico che aveva caratterizzato la sua campagna elettorale, quando promise di risolvere il conflitto “in 24 ore”. Le sue ultime dichiarazioni sembrano invece riconoscere la complessità nel fermare il conflitto.
Il cancelliere Merz, durante l’incontro, ha sottolineato la necessità di mantenere e intensificare la pressione su Mosca per porre fine alla guerra, ribadendo il sostegno tedesco e occidentale all’Ucraina.
La metafora dei “bambini che litigano” ha scatenato polemiche. Il senatore democratico Chris Murphy ha definito le parole di Trump “vergognose“, criticando l’approccio che minimizza la gravità del conflitto. Dall’altro lato, alcuni esperti di politica estera vicini all’ex presidente hanno difeso il pragmatismo del suo approccio, sostenendo che un intervento troppo precipitoso potrebbe rivelarsi controproducente.
Il Cremlino, tramite il portavoce Dmitry Peskov, ha reagito sottolineando che la guerra in Ucraina è una questione esistenziale per la Russia, legata alla sicurezza nazionale e agli interessi strategici di Mosca.
Dal canto suo, il presidente ucraino Zelensky ha respinto l’analogia di Trump, esprimendo dubbi sul fatto che Trump, distante dalla linea del fronte, possa realmente comprendere la sofferenza del popolo ucraino.
La guerra continua e l’Ucraina prosegue nel chiedere sostegno economico, militare e politico all’Occidente, mentre le tensioni sul campo e diplomatiche rimangono alte.
